MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

 

 

 

Relazioni di sintesi sugli esiti della sperimentazione della riforma
nella scuola dell’infanzia e nella prima classe della scuola elementare

 

(D.M. n.. 100 del 18 ottobre 2002)

 

1. Premessa

 

La sperimentazione effettuata nell’anno in corso da. parte di 251 istituzioni scolastiche, statali e paritarie, articolata sul modello organizzativo coerente con l’impianto strutturale della riforma e con i contenuti pedagogico-didattici previsti dalle Indicazioni Nazionali per le attività educative e i Piani di studio ha completato con esiti complessivamente positivi il suo ciclo annuale.

 

Le 251 istituzioni scolastiche hanno costituito un campione sicuramente ristretto, ma molto significativo, sia per l’estensione geografica che per lo spessore dei contenuti sperimentali.

 

L’Osservatorio nazionale, costituito per sostenere la sperimentazione stessa e fornire sostegno allo sviluppo del processo di qualificazione della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, dopo aver realizzato due monitoraggi per rilevare elementi strutturali ed organizzativi delle istituzioni scolastiche coinvolte, ha operato una sintesi nazionale degli esiti, sulla base delle relazioni pervenute dagli Osservatori regionali.

 

Le relazioni regionali, redatte a cura dei componenti dei gruppi tecnici di supporto e degli Ispettori, che hanno svolto un prezioso ruolo di assistenza continua in ogni regione a sostegno della sperimentazione, sono state sviluppate secondo una griglia concordata a livello nazionale e strutturata secondo macro aree di indagine.

 

La individuazione di tali macro aree ha offerto agli Osservatori regionali la possibilità di sviluppare in maniera omogenea ed organica i profili più significativi dell’impianto didattico-pedagogico ed organizzativo della sperimentazione.

 

Le macro-aree, che hanno costituito sostanzialmente le linee guida per la redazione delle relazioni di sintesi regionali e nazionale sono le seguenti:

 

• Anticipo nella scuola dell’infanzia

 

• Anticipo nella scuola primaria

 

• Continuità educativa e didattica nella scuola dell’infanzia

 

• Continuità educativa e didattica nella scuola primaria

 

• Didattica laboratoriale

 

• Equipe pedagogica

 

• Flessibilità organizzativa

 

• Portfolio delle competenze

 

• Piani di studi personalizzati

 

• Alfabetizzazione informatica

 

• Lingua inglese

 

In riferimento a ciascuna delle macro-aree su elencate si fornisce qui di seguito una sintesi delle risultanze emerse dalle relazioni regionali, precisando altresì che sono a disposizione del Consiglio Nazionale i documenti relativi a:

 

1) elenco delle scuole;

 

2) dati quantitativi di alunni e classi;

 

3) risorse logistiche e strumentali;

 

4) dati organizzativi e gestionali;

 

5) relazioni degli Osservatori regionali.

 

 

 

2. Anticipo

 

2.1 Scuola dell’infanzia

 

I tempi dell’inserimento dei bambini anticipatari nella scuola dell’infanzia sono risultati differenti da una scuola all’altra: per alcuni ha coinciso col giorno d’apertura, per altri è avvenuto con qualche mese di ritardo, comunque sempre secondo criteri di. gradualità nell’adattamento del piccolo agli orari e alle altre regole della scuola. Particolarmente utile e pronta è stata a questo riguardo la collaborazione dei genitori, spesso accompagnata dalla presenza e dall’azione dell’assistente messa a disposizione dal Comune.

 

Il tempo dei pasti si è leggermente allungato ovunque per la presenza dei piccoli anticipatari, che hanno altresì potuto usufruire di maggiori opportunità per il relax, particolarmente curato dagli insegnanti e dalle assistenti con il ricorso alla lettura o al racconto di storielle o alla musica. Anche i tempi delle altre attività, come pure l’organizzazione degli spazi, sono stati in piccola parte modificati per andare incontro alle esigenze dei più piccoli.

 

L’anticipo ha reso più frequente il ricorso al piccolo gruppo: per età, per compito, per centro d’interesse, per attitudine. Ciò ha favorito l’orientamento all’aiuto e il tutoraggio, oltre che i rapporti di collaborazione e “fratellanza” tra i bambini, ed ha accentuato negli insegnanti l’attenzione e le cure per l’esercizio e lo sviluppo dell’autonomia personale del bambino. La presenza dei più piccoli ha inoltre innestato nell’ordinario lavoro di progettazione delle attività educative momenti di studio e di riflessione mirati a favorire la congruità dell’azione didattica rispetto ai particolari bisogni degli allievi in anticipo.

 

I gruppi sono stati flessibili ed hanno operato in spazi appositamente predisposti, subendo aggiustamenti e riorganizzazioni sulla base delle osservazioni effettuate sul campo.

 

Complessivamente i tempi di apprendimento degli alunni anticipatari sono stati diversi; alcuni hanno avuto tempi più brevi rispetto ai compagni in obbligo, altri hanno presentato ritmi e tempi decisamente più lunghi.

 

La presenza degli anticipatari ha determinato in qualche caso un rallentamento delle attività della sezione e della classe, un aumento del tempo di intervallo e delle pause di riposo fra una attività e l’altra; il docente ha dedicato più tempo al sostegno individuale degli allievi più piccoli rispetto ai sostegno individuale dei bambini più grandi e di quelli in obbligo.

 

La presenza di alunni in anticipo ha, in definitiva, richiesto una organizzazione e ristrutturazione della sezione e dell’aula, diverse da quelle normalmente adottate in passato.

 

I rapporti relazionali dei bambini anticipatari con i compagni di sezione/classe più grandi e in obbligo sono stati variegati: alcuni non hanno avuto difficoltà di inserimento, altri hanno stabilito rapporti di autonomia, altri di dipendenza, altri ancora comportamenti gregari.

 

Si sono dovunque registrati incontri individuali specifici con i genitori di tutti i bambini delle sezioni/classi.

 

 

 

2.2 Scuola primaria

 

Il tempo ordinariamente destinato all’accoglienza è stata di due/tre settimane con un leggero incremento rispetto agli anni precedenti. Si è fatto ricorso, in genere, alla utilizzazione della sala giochi e ad attività comuni con gli insegnanti della scuola dell’infanzia, intensificando opportunamente i momenti di maggiore espressione della libera creatività di ciascun bambino.

 

Utilizzando tempi lievemente più dilatati, è stata accentuata la dimensione ludica e incrementata la presenza dei familiari, ora con incontri individuali, ora di piccolo gruppo spesso con la collaborazione dell’insegnante titolare di funzioni obiettivo per i rapporti scuola-famiglia.

 

La relazione degli anticipatari coi più grandicelli è stata improntata prevalentemente all’aiuto e al tutoraggio, sicché, le differenze interindividuali nei livelli di maturità e di ambientamento alla vita scolastica si sono col tempo colmate.

 

La presenza dei più piccoli ha indotto modalità di progettazione e di azione didattica più attente ai bisogni e alle caratteristiche dei singoli. Essa ha incrementato, nella maggior parte dei casi, la frequenza dei contatti coi genitori e, talvolta, tra i genitori, soprattutto in vista, e in preparazione, delle manifestazioni di fine anno scolastico.

 

Continuità educativa e didattica.

 

Il tema della continuità educativa, nelle sue due dimensioni (diacronica e sincronica), occupa indubbiamente un posto di particolare rilievo entro la prospettiva di riforma/qualificazione del “sistema scuola”. Le sollecitazioni a riguardo auspicano la costituzione di progetti educativi, didattici e organizzativi ad organico sviluppo verticale; la realizzazione di raccordi non episodici tra segmenti scolastici contigui e l’assunzione di specifiche iniziative per agevolare la transizione degli allievi da una scuola all’altra. Si richiedono, altresì, aperture meno occasionali nei confronti dell’extrascuola e soprattutto significativi ampliamenti degli spazi di corresponsabilità decisionale, finalizzati ad incrementare e a valorizzare la collaborazione “scuola famiglia” e, in particolare, la partecipazione effettiva dei genitori ai percorsi di costruzione, attuazione e fruizione dell’offerta formativa istituzionale e di documentazione dei processi evolutivi degli allievi.

 

Le sollecitazioni appena richiamate hanno sostenuto ed orientato l’azione continua delle scuole sperimentali sul versante della continuità educativa, consolidando, ancor più e in forme diffuse, la consapevolezza che le “interconnessioni tra i microsistemi nei quali maggiormente si dispiegano le esperienze di vita e la relazionalità dei singoli alunni possono essere altrettanto decisive, per il loro sviluppo.

 

 

 

3.1 Scuola dell’infanzia.

 

Continuità verticale.

 

Lo scambio di informazioni col nido, laddove esisteva, è stato sistema all’inizio e tendenzialmente occasionale mano mano che ci si è inoltrati nell’anno scolastico. Talvolta la collaborazione si è spinta fino ad organizzare attività in comune.

 

Particolarmente intensi e frequenti sono stati, in tutte le regioni, i rapporti con la scuola primaria, punteggiati da iniziative comuni, festicciole e attività di laboratorio. L’intensità e la produttività dei contatti, sia col nido, sia con la scuola primaria, sono state condizionate e spesso favorite dalla vicinanza dei locali e in qualche caso dall’essere le scuole ospitate nello stessa edificio.

 

Continuità orizzontale.

 

I rapporti con le altre scuole dell’infanzia presenti sul territorio sorto stati attivati e curati tutte le volte che ne esistevano le possibilità. Meno frequente il collegamento in rete, fatto salvo quello in alcune regioni, dove esso è stato favorito da precedenti esperienze o, come in alcune scuole paritarie, dalla comune appartenenza associativa. Tra le agenzie presenti nel territorio coinvolte in significativi rapporti di collaborazione con le scuole dell’infanzia sperimentali figurano, oltre al Comune, la pro loco e qualche associazione di volontariato. I rapporti con le famiglie sono stati curati molto più che nel passato, anche perché imposti dalla necessità di illustrare ai genitori i principali aspetti della sperimentazione. Efficace e, in alcuni casi, anche entusiasta è stata la loro partecipazione al Progetto, in particolare per quanto riguarda la compilazione del portfolio nei dati di partenza, e in quelli conclusivi al termine dell’anno scolastico.

 

 

 

3.2 Scuola primaria.

 

Continuità verticale.

 

Lo scambio di informazioni, particolarmente intenso all’inizio è poi proseguito con frequenza sempre più attenuata, durante l’anno scolastico, cedendo il passo ad altre forme di rapporto, sviluppatesi essenzialmente in due direzioni: l’organizzazione di attività in comune e il perfezionamento della conoscenza del bambino, mano mano che si procedeva nella costruzione del portfolio. Col tempo il campo si è allargato agli aspetti pertinenti ai progressi nell’apprendimento per i quali alcune scuole hanno utilizzato un’apposita scheda come strumento per registrare questo passaggio di informazioni. Le attività in comune hanno avuto una frequenza variabile da scuola a scuola, ora settimanale o bisettimanale ora mensile, in connessione con la presenza o assenza di condizioni ambientali e strutturali più o meno favorevoli. Talvolta si è avuto lo scambio degli specialisti di laboratorio.

 

Continuità orizzontale.

 

Contatti con le famiglie, pur diversamente modulati da scuola a scuola, hanno registrato un incremento più o meno significativo a seguito dell’avvio della sperimentazione. Il numero delle assemblee ha subito un notevole incremento rispetto all’anno precedente nelle scuole statali dove la prassi assembleare è meno diffusa che nelle scuole paritarie. Tulle le scuole sperimentali hanno provveduto alla registrazione, nell’Agenda, delle suddette assemblee ora a cura del tutor-coordinatore ora a cura dei docenti.

 

Molto curata è stata in definitiva la relazione con i genitori, realizzata attraverso sempre più frequenti e proficue forme di incontro. L’idea della scuola come luogo di aggregazione ha indotto a progettare e realizzare, in alcune regioni tra cui l’Emilia Romag laboratori serali per i genitori

 

Altrettanto diffusa la partecipazione delle classi ad iniziative esterne alla scuola: uscite esplorative nel territorio, escursioni, cinema, manifestazioni varie d matrice e sapore locale, spesso anche a curvatura folclorica,. Frequenti i contatti con la biblioteca comunale (nei piccoli centri) e le visite alla ludoteca comunale. Non si è tralasciato, quando possibile. di utilizzare la biblioteca scolastica La compilazione di diari locali, la illustrazione di particolari eventi culturali o la collaborare nell’organizzazione di attività culturali e ricreative, ha coinvolto in alcuni casi i nonni, i vigili urbani, i genitori degli alunni, docenti di altre scuole, esperti e professionisti dei luogo.

 

 

 

4. Didattica laboratoriale.

 

La scuola dell’infanzia, per la sua attitudine didattica specifica, ha maturato, più spiccatamente della scuola elementare, una maggiore inclinazione all’organizzazione laboratoriale e alla disposizione finalizzata degli spazi.

 

La sperimentazione è stata, così, una grande opportunità per riflettere e riorganizzare le prassi alternative ed integrative dello spazio aula. Le scuole sperimentali hanno infatti investito energie professionali e risorse materiali, al fine di rendere l’azione didattica più rispondente alle esigenze connesse alla personalizzazione degli itinerari. Tale metodologia didattica, infatti, ha puntato a coinvolgere responsabilmente docenti e allievi nel processo di costruzione delle conoscenze e nello sviluppo di competenze e di abilità che vengono acquisite non più attraverso attività rigide e uniformi, ma attraverso gli stili “personali” di apprendimento di ciascun alunno.

 

La flessibilità organizzativa ha riguardato il modo di regolare il tempo e lo spazio del curricolo per avvicinare il più possibile i bambini e le bambine alla “cultura”.

 

In questa prospettiva, l’azione educativo-didattica delle scuole si è caratterizzata per l’attenzione ai processi del “far apprendere” e del “riflettere sul fare”, con l’intento di rendere gli allievi consapevoli dei processi formativi che hanno vissuto e di cui sono stati protagonisti diretti, oltre che dei risultati raggiunti e delle relazioni interpersonali che si sono stabilite in itinere fra allievi e fra allievi e insegnanti presenti nei laboratori.

 

Dalle relazioni regionali emerge che in tutte le esperienze il bambino è stato il vero protagonista delle attività proposte, nelle quali ha elaborato e sperimentato personalmente e direttamente le varie soluzioni di un problema in tutte le sue fasi. All’interno di ogni laboratorio l’operatività degli alunni è stata integrata con la mediazione didattica dei docenti, che hanno modulato il percorso formativo sui tempi e sugli stili di apprendimento di ciascun bambino, rendendo dialettico il rapporto educativo.

 

Nella scuola dell’infanzia per la costituzione dei gruppi per le attività laboratoriali, sono stati utilizzati criteri diversificati, dando luogo, all’interno della tipologia evidenziata nelle schede di riferimento a gruppi di livello, di compito ed elettivi. Così pure i “centri di interesse”, hanno accolto, singolarmente, in coppia, o in piccoli gruppi, gli alunni delle rispettive scuole

 

In merito alla didattica laboratoriale, i luoghi utilizzati sono stati diversi: angoli allestiti all’occorrenza, atelier, spazi già utilizzati per laboratori e nella maggior parte all’interno della scuola.

 

Il calendario, in quasi tutta le regioni si è caratterizzato per la flessibilità a seconda della tipologia dei laboratori.

 

Nella scuola primaria la didattica d’aula è nata raccordata con la didattica laboratoriale secondo una programmazione comune a tutor e insegnanti di laboratorio attraverso le seguenti azioni:

 

- programmazione comune tra tutor e docenti di laboratorio; incontri tra docenti di classe;

 

- formazione di gruppi;

 

- attività di rinforzo e potenziamento.

 

L’accesso ai laboratori è avvenuto sia in base ad orari prestabiliti sia in base alle necessità (es. presenza disabili).

 

In genere sono stati previsti, in base alle disponibilità delle singole scuole, spazi logistici specifici per le attività laboratoriali come per informatica, sala video, sala per motoria, per musica, giardino e per LARSA.

 

I laboratori, alcuni anche esterni alla scuola, sono stati utilizzati anche dalle classi non in sperimentazione.

 

Per i materiali si è verificato un notevole potenziamento negli acquisti sia per i sussidi (informatici, PC, TV, parabola ecc), sia per il materiale di facile consuma.

 

I laboratori per le classi sperimentali sono stati utilizzati più volte nel corso della settimana, in orario curricolare durante l’arco dell’intera giornata scolastica.

 

 

 

5. Equipe pedagogica.

 

Il passaggio dal gruppo docente all’équipe pedagogica non è stato, nell’esperienza realizzata durante l’anno 2002-2003 nella scuola primaria, sempre agevole in tutte le regioni: soprattutto, in quelle realtà scolastiche nelle quali erano ormai consolidate convinzioni e determinazioni a riconoscere e riservare, ad ogni componente del team, modalità e condizioni di esercizio della professionalità sostanzialmente non diverse da quelle dei colleghi . Saggezza ed opportunità hanno suggerito, in questi casi, la strada delle gradualità possibili, in particolare nella individuazione e nella definizione dei tempi di impegno dell’insegnante tutor con il gruppo classe.

 

L’introduzione della figura del docente coordinatore-tutor ha canalizzato attenzioni, suscitato speranze, generato preoccupazioni. Da una parte, si è guardato con fiducia e con aspettative di alto profilo alle sue funzioni di “supporto-guida allo studente” e di coordinamento delle azioni delle diversità professionali; dall’altra, sono state sperimentate, l’onerosità e la complessità di molti suoi compiti ed impegni specifici, che lo vedono in prima linea nei processi di costruzione dei Piano di Studio Personalizzato e di compilazione aggiornamento del Portfolio delle competenze individuali, e nelle comunicazioni/relazioni con studenti, famiglie, istituzioni ed enti esterni alla scuola.

 

In tutte le realtà scolastiche mentre le famiglie hanno gradito la figura di riferimento del tutor e la visibilità della sua funzione, in alcune regioni si teme invece il rischio che possano crearsi team non integrati e funzionali.

 

Diversificati sono comunque gli atteggiamenti dei docenti nei confronti di questa nuova figura sul piano dell’organizzazione dell’attività didattica. Vi sono di quelli che, come in Emilia Romagna, temono la gerarchizzazione all’interno dell’equipe pedagogica e conseguentemente la subalternità dei docenti dei “laboratori interclasse” nei confronti del “tutor”

 

In altre realtà regionali (Puglia - Veneto - Calabria), la figura del tutor viene accettata con qualche riserva nei confronti della complessità dei compiti affidategli rispetto all’intero impianto organizzativo.

 

Valutazioni positive sulla struttura dell’equipe pedagogica vengono infine espresse in regioni come Lombardia, Toscana, Abruzzo, Marche e Basilicata dove si registrano situazioni di pieno equilibrio tra i docenti pur con l’assegnazione di un maggior carico di compiti di coordinamento e di ore assegnate al tutor.

 

Non emergono dalle relazioni regionali posizioni uinivoche in relazione alla continuità o alla rotazione dei docenti nella formazione di tutor.

 

 

 

6. Flessibilità organizzativa.

 

6.1 Scuola dell’infanzia.

 

Nella maggior parte delle scuole dell’infanzia si sono registrate iniziative di rimodulazione della struttura interna.

 

La revisione degli spazi, dei tempi e dei moduli orari è stata determinata anche dall’allestimento e dal potenziamento dei laboratori.

 

In ordine alla organizzazione delle sezioni non si rilevano significativi interventi innovativi: in genere i bambini anticipatari sono stati inseriti nelle sezioni con una distribuzione uniforme, per cui nella quasi totalità delle sezioni il loro numero non ha superato le tre unità. Non si è resa necessaria 1’adozione di modifiche strutturali significative, ad eccezione dell’allestimento di “angoli morbidi” per il relax, spazi attrezzati per l’attività ludica con macrocostruzioni.

 

In qualche scuola si è ritenuto di procedere ad una revisione del materiale ludico, al fine di escludere quanto poteva costituire un potenziale pericolo per il bambini più piccoli.

 

In altre sono stati allestiti uno spazi per le attività di cura e pulizia personale del bambino non autonomo, che è stato utilizzato per i primi quattro mesi.

 

Le rimodulazioni degli orari delle operatrici scolastiche, congiuntamente alla aggregazione dei bambini per le esperienze laboratoriali rappresentano, senza dubbio, l’aspetto più interessante della riorganizzazione del contesto scuola.

 

Generalmente si è strutturata una proposta didattica articolata in interventi educativi sia per bambini della stessa età che di età diversa, e sono state proposte attività laboratoriali per gruppi di livello in presenza di sezioni di bambini di età eterogenea, al contrario, nelle scuole organizzate con sezioni di bambini di età omogenea, sono stati formati gruppi misti per le esperienze laboratoriali.

 

 

 

6.2 Scuola primaria

 

La flessibilità organizzativa nella scuola primaria è stata attuata in diverse forme, e costituiscono un repertorio di possibilità selezionate dalle varie scuole in ragione delle loro scelte.

 

Flessibilità oraria:

 

Le scuole statali hanno in genere offerto agli alunni la possibilità di optare fra 27 e 30 ore settimanali, con rientri pomeridiani aggiuntivi; quelle paritarie hanno proposto laboratori e doposcuola, a seconda della domanda individuale.

 

Flessibilità dei gruppi di alunni:

 

È stata pressoché generalizzata l’attivazione di gruppi di livello per il recupero delle difficoltà di apprendimento; è risultato molto scarso il rilievo assegnato ai gruppi elettivi mentre sono prevalsi nettamente i gruppi di compito, all’interno dei quali le convocazioni individuali hanno trovato qualche possibilità di esprimersi. In una posizione intermedia si sono collocati i gruppi misti di scuola materna ed elementare, orientati alla continuità (soprattutto negli Istituti Comprensivi). Episodicamente, in vista di feste o ricorrenze hanno trovato spazio anche gruppi di progetto, svolti quasi sempre per classi aperte.

 

Flessibilità delle attività:

 

Due diversi modelli hanno connotato le varie attività: nel primo, fortemente centrato sul docente tutor, che risolve quasi tutto il suo orario nel gruppo classe di riferimento, la flessibilità è stata affidata per intero ai laboratori condotti dagli specialisti. il modello che, con alcune varianti, trova prevalente applicazione nelle scuole paritarie. Il secondo modello, in uso soprattutto nelle scuole statali, assegna al docente tutor la conduzione di laboratori anche nelle classi parallele e viceversa, al docente specialista un maggior carico didattico nelle classi di riferimento, salvando in questo modo il principio di una flessibilità più reciproca e condivisa.

 

Si sono inoltre affermate altre due forme di flessibilità, l’una intenta alla didattica d’aula, l’altra relativa al rapporto fra scuola e territorio.

 

In tutte le relazioni si sottolinea che, soprattutto in presenza degli alunni anticipatari, lo sforzo degli insegnati è stato notevole nel variare tempi, ritmi e modi di intervento per corrispondere alle esigenze di personalizzazione. Per il secondo aspetto, hanno cominciato a trovare uno spazio interessante le iniziative didattiche nel e con il territorio, spesso ancorate alla progettazione educativa dl POF (ad esempio il filone dell’Intercultura, oppure “la ricerca degli antichi mestieri” o anche “lavoriamo per l’ambiente”). Si tratta di forme di flessibilità che sono probabilmente l’esito delle suggestioni della didattica laboratoriale e che occupano ormai circa un terzo del tempo settimanale.

 

 

 

7. Portfolio delle competenze individuali.

 

Ha costituito l’aspetto su cui si è maggiormente concentrata l’attenzione delle scuole.

 

Lo scopo essenziale di tale inedito strumento è stato quello di documentare l’esperienza educativa vissuta da ciascun bambino, consentendo di assolvere a finalità di conoscenza, di valutazione e di comunicazione.

 

La realizzazione del porifolio ha, dunque, favorito la conoscenza dei processi vissuti, delle risultanze, della loro incidenza riguardo all’autopercezione sia da parte dell’alunno che dell’insegnante, inducendo a porsi interrogativi sull’oggetto dell’insegnamento e dell’ apprendimento e sui riflessi che esso ha sulla identità del docente e dell’alunno.

 

Molto frequentata è stata la modalità narrativa di formalizzazione che impiega una pluralità di voci: del bambino stesso, degli insegnanti, dei genitori.

 

In questi casi il portfolio è divenuto opera corale, multiprospettica, intersoggettiva.

 

Il racconto del bambino, finalizzato a scrivere la propria autobiografia, una sorta di diario personale, di ritratto in cui raccontare l’idea di sé, le competenze acquisite, il rapporto con il sapere, ha sollecitato la riflessione sull’esperienza vissuta, favorendo l‘autovalutazione e la consapevolezza della propria identità.

 

Gli insegnanti hanno raccontato il loro punto di vista in ordine alla percezione dell’identità personale, allo sviluppo delle competenze e alla conquista dell’autonomia.

 

Il coinvolgimento dei genitori è avvenuto quasi dovunque sostanzialmente in due modi. Autonomamente le famiglie hanno redatto una parte dedicata oppure hanno scritto insieme agli insegnanti alcune considerazioni circa l’evoluzione del proprio figlio in relazione all’esperienza vissuta nella scuola.

 

Il porifolio ha previsto anche la scelta di elaborati dei bambini. Tale scelta è stata, in qualche caso, effettuata congiuntamente dagli insegnanti e dal bambino stesso e ha esplicitato per iscritto i criteri che hanno guidato la selezione. Si è cercato, con una strumentazione documentativa così modulata, di cogliere i segni tangibili del sapere in fieri, che fanno da sostegno all’interpretazione delle dinamiche evolutive di ogni soggetto.

 

Pensato e realizzato in tal modo, il portfolio non è risultato un atto notarile o burocratico, ma è diventato occasione di formazione per i vari soggetti coinvolti, venendo a far parte della stessa esperienza educativa.

 

Resta aperta la questione del rapporto di tale strumento con la scheda di valutazione, nella scuola primaria.

 

 

 

8. Piani di studio personalizzati

 

8.1 Aspetti generali

 

Questo elemento della, sperimentazione, che è stato oggetto di specifiche azioni di assistenza da parte dei dirigenti tecnici, ha rappresentato per le scuole l’aspetto più delicato in avvio della sperimentazione ed è stato comunque il terreno più impegnativo lungo l’intero corso dell’esperienza sperimentale.

 

Anche in ordine a questo aspetto della sperimentazione si sono osservate diverse modalità attuative sul piano didattico e organizzativo, riconducibili alle varie interpretazioni psicopedagogiche, attribuite dalle scuole al concetto di personalizzazione.

 

Su di un piano generale, tutte le scuole sono state concordi nell’identificare il significato della personalizzazione con l’adeguamento delle metodologie in rapporto alla situazione di partenza e alle modalità di apprendimento dell’alunno.

 

Più in particolare, all’interno di tale ambito interpretativo, sono emerse diverse modalità che le scuole, nell’autonomia delle scelte educative e didattiche, hanno adottato per rendere concreta la personalizzazione delle attività educative e dei piani di studio.

 

Tali modalità sono riconducibili a due fondamentali approcci:

 

1) Nell’ambito di un primo approccio, assunto da una parte delle scuole, e in modo particolare nella scuola primaria, la personalizzazione è stata prevalentemente attuata col ricorso a strategie  programmatorie “per obiettivi”. L’itinerario generalmente attuato da tali scuole si è focalizzato sull’individuazione degli obiettivi di apprendimento e, in relazione a tali obiettivi, si è proceduto alla programmazione delle unità di apprendimento, nel cui ambito sono state proposte attività sequenziali e progressive. In questo modello, le attività sono state proposte all’interno di situazioni di apprendimento, allestite prevalentemente in modo identico per tutti i bambini. A seconda dei”prerequisiti”, delle potenzialità, dei risultati, si è successivamente passati a proporre attività di recupero e di rinforzo, anche di tipo laboratoriale.

 

2) Un secondo approccio, adottato da altre scuole, specie in quelle dell’infanzia, ha inteso la personalizzazione soprattutto come predisposizione di condizioni educative diversificate In tale approccio le scuole hanno focalizzato l’attenzione prevalentemente sulla progettazione e l’allestimento di situazioni didattiche diversificate, viste come presupposto irrinunciabile della personalizzazione dei percorsi e, pertanto, come “ordinario” modo di condurre le attività educative. I tratti salienti di questo approccio sono stati l’osservazione situata, la progettazione di ”canovacci” più che di attività sequenziali rigidamente programmate, l’allestimento di situazioni educative plurime, stabili e flessibili, l’ampio spazio dato alla libera scelta delle attività e dei gruppi da parte dei bambini, l’importanza attribuita ai materiali e all’interazione fra adulto e bambini e tra bambini.

 

Non sono mancate esperienze dove la personalizzazione è stata realizzata mediante un’integrazione fra i due approcci.

 

 

 

8.2 Tratti emergenti

 

Le scuole, dopo il disorientamento e le difficoltà iniziali, hanno compiuto un significativo percorso di riflessione sulle pratiche educative in atto, pervenendo ad una maggiore consapevolezza della necessità di approfondire la conoscenza dei presupposti psicopedagogici e didattici che fondano lo sviluppo e l’apprendimento dei bambini. I traitti più significativi rilevati in questo ambito si riferiscono ai seguenti aspetti.

 

Aspetti problematici

 

• difficoltà nel comprendere e interpretare, sul piano teorico ed operativo, il concetto di personalizzazione

 

• carattere complesso ed oneroso, anche per il lessico dei documenti pedagogici, delle operazioni relative a:

 

a) la declinazione degli obiettivi generali del processo formativo in obiettivi specifici di apprendimento;

 

b) la predisposizione delle unità di apprendimento e dei piani personalizzati;

 

c) la compilazione del porifolio delle competenze di ogni alunno.

 

• rischio, avvertito da una parte delle scuole, di irrigidire l’azione didattico educativa con itinerari eccessivamente precostituiti;

 

• difficoltà, per le scuole che adottavano una programmazione per progetti/situazionj/sfondo, ad integrare tali strategie con gli indirizzi prospettati nelle Raccomandazioni;

 

• disorganicità, rilevata da molte scuole, degli obiettivi generali formativi definiti nelle Indicazioni Nazionali

 

Punti di forza

 

• Crescita della consapevolezza delle correlazioni fra personalizzazione dei piani e delle attività e flessibilità dell’organizzazione e della didattica;

 

• Avvio di un rapporto più costruttivo con le famiglie per la condivisione della crescita e dello sviluppo degli allievi;

 

• Incremento della capacità di realizzare l’unitarietà del processo di insegnamento;

 

• Maggiore consapevolezza dell’esistenza di modi e stili diversificati di relazione e apprendimento anche tra bambini omogenei per età;

 

Crescita della consapevolezza della responsabilità educativa in ordine ai risultati di apprendimento e sviluppo di ciascun bambino.

 

 

 

9. Alfabetizzazione informatica

 

La Riforma aggiungendo nuovi saperi a quelli tradizionali, ha attribuito un notevole valore pedagogico e formativo allo sviluppo delle abilità informatiche da parte dei bambini, i quali, fin dalla più tenera età, vengono a contatto con i mezzi multimediali. Sono questi i compagni di gioco preferiti; sono vicini per tutto l’arco della giornata; segnano le azioni fin dal mattino e li seguono ovunque si trovino. Televisione, telefono, cellulari, videogiochi sono amici dai quali difficilmente si separano, pervadendo finanche i loro rapporti con i genitori e l’intera comunità sociale.

 

La sperimentazione ha previsto sia per la scuola dell’infanzia, sia per la primaria, l’approccio sistematico e finalizzato alle nuove tecnologie della comunicazione perché esse diventino strumento di studio e d’interazione. I bambini devono appropriarsi dei mezzi multimediali, devono farne oggetto di apprendimento con l’ausilio di tutte le modalità che sono loro più congeniali. Coerentemente, le didattiche hanno utilizzato le simulazioni di vissuti ed esperienze personali, il gioco, il confronto di conoscenze e procedure tecnologiche per accrescere le competenze dei bambini e la loro padronanza dell’ambiente multimediale. I laboratori hanno accolto i giovani studenti, li hanno resi protagonisti attivi e “divertiti” del processo esplorativo che i nuovi mezzi telematici consentono con dovizia di proposte e di stimoli. Le attività sono state organizzate per gruppi di apprendimento, omogenei o eterogenei. I discenti hanno interagito con il mezzo informatico prevalentemente a coppia per facilitare lo scambio di conoscenze, le interazioni personali, l’esercizio di funzioni e ruoli differenziati. Hanno potuto sviluppare la propria autostima, rassicurati dalle procedure automatizzate di autocorrezione del loro operare, possibili tramite conferme “visive e sonore” provenienti dal mezzo informatico. Semplici e specifici software hanno rinforzato la motivazione, le capacità di concentrazione e di riflessione.

 

Per gli alunni delle classi sperimentali il computer è diventato “l’amico” di gioco, lo strumento per esprimere i vissuti personali, rivelare capacità non ancora compiutamente manifestate, pervenire a successi insperati e a risultati gratificanti. Si è manifestato mezzo molto duttile ed efficace, soprattutto per i soggetti in difficoltà di apprendimento, avendo stimolato le loro capacità di percezione, di attenzione e favorito l’orientamento topologico, nonché l’esercizio della manualità.

 

L’uso del computer, utilizzato come mezzo di comunicazione, ha concorso al perseguimento dei seguenti obiettivi:

 

- favorire un approccio spontaneo e ludico alle nuove tecnologie; stimolare e rafforzare le capacità di orientamento spaziale;

 

- sollecitare le potenzialità creative con la produzione di semplici elaborati multimediali;

 

- potenziare il coordinamento oculo-manuale attraverso l’uso del mouse;

 

- sviluppare le capacità logiche con l’ausilio di semplici software specifici.

 

Gli esiti complessivi sono soddisfacenti anche se l’avvio tardivo delle attività e alcune difficoltà organizzative, dovute essenzialmente alla riorganizzazione dell’intera vita della scuola e all’alto potenziale innovativo della sperimentazione, hanno ridotto il manifestarsi di tutti i possibili esiti positivi.

 

La formazione di tutti gli operatori, elemento indispensabile per l’applicazione corretta e produttiva di qualsiasi sperimentazione, pur non avendo svolto un ruolo propedeutico alle singole fasi dell’iniziativa, ha seguito un percorso parallelo alle stesse, producendo effetti positivi anche se non sempre verificabili in situazione didattica.

 

Agli insegnanti è stata data la possibilità di acquisire gli elementi teorici e pratici delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, permettendo loro di frequentare le attività on line, predisposte dall’INDIRE per la realizzazione del piano nazionale di formazione del personale scolastico sulle nuove tecnologie.

 

La metodologia utilizzata è stata di tipo integrato, alternando momenti di formazione in presenza con altri on line.

 

Gli ambienti di apprendimento della piattaforma INDIRE, soprattutto quello del laboratorio del Dott. Bit, destinato ai giovani alunni, hanno incontrato i favori degli insegnanti, consentendo loro di calibrare gli interventi e di realizzare il percorso formativo così come era stato progettato.

 

 

 

10. Lingua Inglese

 

L’insegnamento della lingua inglese, che è da tempo sinonimo di lingua comunitaria, non costituisce una novità assoluta per i bambini di prima che a volte l’hanno già avviata ludicamente nella scuola dell’infanzia. È novità invece, e rilevante, che esso abbia avvio sistematico nel curricolo del primo anno, per cui risalta il contrasto fra le classi beneficiarie e quelle ancora prive dell’inglese per carenza di competenze disponibili. Si scontra ancor di più con le attese delle famiglie, per le quali questa lingua fa parte ormai del percorso scolastico e insieme alla prima alfabetizzazione informatica e al docente tutor connota e quasi si identifica con la riforma della scuola.

 

La convergenza fra percezione esterna e progettazione della scuola rende allora ragione del primo vero elemento di novità: che nel 75% dei casi, in quasi tutte le regioni, all’inglese sono dedicate 2 ore settimanali per farne uno strumento culturale con piena dignità.

 

Il secondo significativo elemento di novità è stato costituito dalla revisione metodologica che le docenti, quasi sempre specialiste, hanno introdotto nel loro insegnamento. Due gli aspetti da segnalare. Da un lato una più sicura finalizzazione pedagogica e didattica con l’ancoraggio alle Indicazioni Nazionali e al Profilo; dall’altro un’interpretazione laboratoriale della didattica dell’inglese. Laboratorio come modalità operativa anzitutto, ma con l’esigenza sempre più matura che vi sia un luogo dedicato e strutturato come ambiente di apprendimento.

 

Molti docenti, infatti, sulla base degli stimoli ricevuti in ambito formativo, hanno avviato alcune significative esperienze di innovazione didattica: l’applicazione di percorsi tecnologici interattivi nella pratica didattica, la gestione di moduli linguistici interdisciplinari, l’organizzazione di attività specifiche volte allo sviluppo di competenze audio-orali, funzionale all’interazione comunicativa.

 

Si tratta di una linea di tendenza favorita in particolare dalle due esperienze più stimolanti di questo anno. Il Divertinglese e l’aula virtuale.

 

Pur con qualche difficoltà tecnico didattica iniziale incontrata nell’adattare le due proposte alle classi, i docenti ne riconoscono il valore nell’opportunità che esse offrono di fondare un nuovo approccio didattico che, se privo di strumenti innovativi, rischia di assestarsi sulla routine e di non corrispondere agli interessi linguistici degli alunni.

 

Svolgendo il monitoraggio, in varie regioni, gli ispettori hanno condotto gruppi focus di genitori per rilevare livello di soddisfazione e attese: nel caso dell’inglese la soddisfazione è stata alta, anche se restano ancora elevate le aspettative.

 

 

 

11. La formazione alla sperimentazione

 

Come esplicitamente sancito dal progetto nazionale di sperimentazione, le scuole dell’Emilia-Romagna aderenti allo stesso si sono con apprezzabile impegno dedicate all’implementazione della competenza professionale di docenti e dirigenti scolastici.

 

Tutti gli insegnanti hanno pertanto fruito delle opportunità di autoformazione insite nella frequentazione telematica della piattaforma dell’INDIRE Puntoedu, dopo avere optato, a seguito di specifica ricognizione attivata a livello regionale circa la preferenza di ciascuno, per uno o più dei tre ambiti di qualificazione contenuti nella piattaforma (Quadro di sistema, Informatica, Lingua inglese).

 

Non sono emerse consistenti difficoltà incontrate dai docenti delle scuole sperimentali a proposito della navigazione telematica nella piattaforma; da ciò si può intuire che quasi tutti gli stessi erano e sono in possesso delle competenze tecnologiche, minimali del resto, occorrenti per l’accesso alla piattaforma e l’interazione con le proposte culturali in essa contenute e che la piattaforma stessa dell’INDIRE ha sempre ben funzionato, non opponendo più quindi alle richieste di connessione le disfunzioni riscontrate in passato.

 

Qualche non irrilevante difficoltà ha comportato invece l’organizzazione e la gestione della formazione in presenza, collegata, come è noto, all’autoformazione on line.

 

Essa, infatti, ha dovuto, innanzi tutto, fare i conti con la molteplicità degli oneri professionali che il normale svolgimento dell’attività scolastica, assommandosi, quale ulteriore sovraccarico, a quelli richiesti dalla sperimentazione, ha imposto a dirigenti e docenti delle scuole sperimentali.

 

Oltre ai percorsi formativi secondo la formula dell’e-learning integrato ideati e organizzati a livello nazionale, gli Uffici Scolastici Regionali hanno ritenuto opportuno e qualificante integrare il ventaglio delle opportunità di qualificazione del personale delle scuole sperimentali mediante specifiche iniziative, consistite in pacchetti formativi, destinati appunto al personale delle scuole sperimentali, organizzate d’intesa con gli IRRE, iniziative che hanno avuto successo in termine di interesse e partecipazione.

 

 

 

12. Considerazioni conclusive

 

La sperimentazione si è sviluppata, come è noto, in contestualità, con la discussione in Parlamento della legge di Riforma che ha visto la prima approvazione del disegno di legge in Senato a metà novembre 2002 e quella successiva delle Camere a febbraio 2003.

 

Il percorso della sperimentazione non è stato indifferente ai processi sostanziali di innovazione che si venivano via via realizzando. Gli atteggiamenti, le motivazioni e la tensione educativa dei docenti coinvolti, come si legge in tutte le relazioni regionali sono andati sempre più aumentando  positivamente di intensità lasciandosi definitivamente alle spalle le esitazioni e i dubbi che avevano caratterizzato una sperimentazione avviata con tempestività, ma con modalità che hanno visto svilupparsi contemporaneamente sia le “condizioni” che le “azioni”.

 

L’attività sperimentale è stata incentrata, come viene unanimemente esplicitato, su essenziali aspetti di ordine pedagogico e in particolare su quegli elementi risultati i più innovativi rispetto alla tradizionale attività delle scuole: modalità di personalizzazione dell’insegnamento-apprendimento, portfolio delle competenze, alfabetizzazione informatica, lingua inglese.

 

Le 251 scuole coinvolte hanno operato con lodevole impegno, consapevoli del valore aggiunto dato dall’uso integrato delle tecnologie didattiche per i vari apprendimenti, in particolare quello della lingua inglese.

 

Sulla base di uno “spartito” molto essenziale, che aveva come matrice di base le Indicazioni, le scuole hanno attivato al loro interno, in tutte le regioni, un laboratorio di ricerca, i cui esiti vanno valutati con un approccio di tipo qualitativo mirato ad interpretare i processi attivati e a valutarne l’impatto sulla cultura e sulle prassi professionali dei docenti.

 

Il valore della sperimentazione, come si rileva nei rapporti regionali, consiste pertanto proprio nei processi di ricerca, creatività e progettualità che ha messo in moto e nella possibilità di studiare i fenomeni generati nelle varie situazioni educative e scolastiche dalle innovazioni introdotte.

 

Né va sottovalutato l’apprezzamento che le famiglie hanno dimostrato per una didattica che, avvalendosi dell’uso delle nuove tecnologie, e di una impostazione sempre più personalizzata del fatto educativo, si connota per un insegnamento “di qualità”.

 

In sintesi, sulla base degli esiti rilevati si può concludere affermando che la sperimentazione ha fatto registrare un impatto decisamente positivo sul contesto culturale e professionale della scuola per i fondamenti pedagogici e didattici proposti più che per quelli organizzativi in gran parte ancorati ad esperienze e situazioni pregresse

 

Tale fenomeno, però, lungi dal frenare o condizionare il processo di cambiamento ne ha orientato il corso su un cammino di naturale evoluzione.

 

Nelle relazioni regionali non si manca infine di rilevare, nel quadro generale di riferimento disegnato dalla griglia alcuni aspetti significativi di indubbio valore prospettico.

 

Potenziamento di risorse e infrastrutture didattiche, attenzioni formative ai genitori, coinvolgimento con impegni prescrittivi degli Enti Locali e valorizzazione dei centri di assistenza tecnica all’innovazione sono fra le proposte ricorrenti, perché nella scuola il cambiamento non rappresenti un evento eccezionale, ma diventi parte integrante dell’azione educativa.